Come scrivere bene (Umberto Eco)

Un testo divertente tratto da: Umberto Eco, La Bustina di Minerva, Bompiani 2000.

"Ho trovato in Internet una serie di istruzioni su come scrivere bene. Le faccio mie, con qualche variazione, perché penso che possano essere utili a molti, specie a coloro che frequentano le scuole di scrittura.


1. Evita le allitterazioni, anche se allettano gli allocchi.

2. Non è che il congiuntivo va evitato, anzi, che lo si usa quando necessario.

3. Evita le frasi fatte: è minestra riscaldata.

4. Esprimiti siccome ti nutri.

5. Non usare sigle commerciali & abbreviazioni etc.

6. Ricorda (sempre) che la parentesi (anche quando pare indispensabile) interrompe il filo del discorso.

7. Stai attento a non fare... indigestione di puntini di sospensione.

8. Usa meno virgolette possibili: non è “fine”.

9. Non generalizzare mai.

10.Le parole straniere non fanno affatto bon ton.

11.Sii avaro di citazioni. Diceva giustamente Emerson: “Odio le citazioni. Dimmi solo quello che sai tu.”

12.I paragoni sono come le frasi fatte.

13.Non essere ridondante; non ripetere due volte la stessa cosa; ripetere è superfluo (per ridondanza s’intende la spiegazione inutile di qualcosa che il lettore ha già capito).

14.Solo gli stronzi usano parole volgari.

15.Sii sempre più o meno specifico.

16.L'iperbole è la più straordinaria delle tecniche espressive.

17.Non fare frasi di una sola parola. Eliminale.

18.Guardati dalle metafore troppo ardite: sono piume sulle scaglie di un serpente.

19.Metti, le virgole, al posto giusto.

20.Distingui tra la funzione del punto e virgola e quella dei due punti: anche se non è facile.

21.Se non trovi l’espressione italiana adatta non ricorrere mai all’espressione dialettale: peso e! tacòn del buso.

22.Non usare metafore incongruenti anche se ti paiono “cantare”: sono come un cigno che deraglia.

23.C’è davvero bisogno di domande retoriche?

24.Sii conciso, cerca di condensare i tuoi pensieri nel minor numero di parole possibile, evitando frasi lunghe — o spezzate da incisi che inevitabilmente confondono il lettore poco attento — affinché il tuo discorso non contribuisca a quell’inquinamento dell’informazione che è certamente (specie quando inutilmente farcito di precisazioni inutili, o almeno non indispensabili) una delle tragedie di questo nostro tempo dominato dal potere dei media.

25.Gli accenti non debbono essere nè scorretti nè inutili, perchè chi lo fà sbaglia.

26.Non si apostrofa un’articolo indeterminativo prima del sostantivo maschile.

27.Non essere enfatico! Sii parco con gli esclamativi!

28.Neppure i peggiori fans dei barbarismi pluralizzano i termini stranieri.

29.Scrivi in modo esatto i nomi stranieri, come Beaudelaire, Roosewelt, Niezsche, e simili.

30.Nomina direttamente autori e personaggi di cui parli, senza perifrasi. Così faceva il maggior scrittore lombardo del XIX secolo, l’autore del 5 maggio.

31.All’inizio del discorso usa la captatio benevolentiae, per ingraziarti il lettore (ma forse siete così stupidi da non capire neppure quello che vi sto dicendo).

32.Cura puntiliosamente l’ortograffia.

33.Inutile dirti quanto sono stucchevoli le preterizioni.

34.Non andare troppo sovente a capo. Almeno, non quando non serve.

35.Non usare mai il plurale majestatis. Siamo convinti che faccia una pessima impressione.

36.Non confondere la causa con l’effetto: saresti in errore e dunque avresti sbagliato.

37.Non costruire frasi in cui la conclusione non segua logicamente dalle premesse: se tutti facessero così, allora le premesse conseguirebbero dalle conclusioni.

38.Non indulgere ad arcaismi, apax legomena o altri lessemi inusitati, nonché deep structures rizomatiche che, per quanto ti appaiano come altrettante epifanie della differanza grammatologica e inviti alla deriva decostruttiva – ma peggio ancora sarebbe se risultassero eccepibili allo scrutinio di chi legga con acribia ecdotica – eccedano comunque le competente cognitive del destinatario.

39.Non devi essere prolisso, ma neppure devi dire meno di quello che.

40. Una frase compiuta deve avere.

Qualche o Alcuni?

Questo post sarà piccolo. Prometto!
:)

Sapete la differenza di Qualche e Alcuni? Di significato praticamente niente, ma gli usi sono diversi.

Prima di cominciare, sarebbe interessante capire i significati di questi aggettivi indefiniti.

Secondo il Garzanti, qualche è un agg. indef. m. e f. [solo sing.] e può significare:
* alcuni, più d’uno; indica quantità, numero indefinito e non grande, e si riferisce sia a persona sia a cosa: qualche anno fa; fra qualche minuto;
* può indicare anche una sola persona o cosa indeterminata: deve essere stato qualche suo amico a informarlo; troverò qualche scusa; l’ho già visto in qualche altro luogo
* un certo (davanti a un nome astratto, per indicare una quantità indefinita): un film di qualche interesse; un’opera di qualche rilievo;

D'altra parte alcuno è un agg. e pron. indef. [normalmente plur.] e indica una quantità indeterminata ma limitata, talvolta in correlazione con altri, altre: alcuni sono morti, altri si sono salvati; ho visitato alcune città; alcuni di voi


Ci sono altri significati, ma non sono interessanti per ora.


Caso avete capito ciò che definisce il dizionario Garzanti, ambi aggettivi hanno praticamente lo stesso significato. Vediamos adesso il suo uso:
Qualche userò sempre al singolare, invece Alcuni sempre al plurale.

Allora vediamo:
Posso prendere qualche giorno di vacanze oppure prendere alcuni giorni di vacanze.
Però è sbagliato dire prenderò qualche giorni... o prenderò alcuno giorno...

Posso parlare oggi con qualche amica oppure posso parlare con alcune amiche!

Avete visto le differenze?
Abbraccio e a presto...

Juliana

Sostantivi e Aggettivi

Ciao a tutti!
State bene? Possiamo cominciare con un po' di grammatica?

Bene.... comincio l'anno con un argomento facile, ma che alle volte, gli studenti sbagliano nelle composizioni
: Il plurale femminile con la vocale -i.

La regola è chiara:
Una parola maschile singolare può finire con la vocale -o (il bambino) o con la vocale -e (il ristorante).
Tanto una come l'altra faranno il plurale con la vocale -i: i bambini e i ristoranti.
Però, quando è femminile, se la parola finisce con vocale -a, come la bambina, farà il plurale con la vocale -e: le bambine. Ma se il singolare finisce con la vocale -e, come per esempio la chiave farà il plurale con la vocale -i come le chiavi.
Così:

A - E

O - I

E - I



____________________________________


Un altro sbaglio costante è l'uso incorretto dell'aggettivo di nazionalità femminile.
Se l'aggettivo maschile finisce con la vocale -o (italiano) il femminile finirà con la vocale -a (italiana).
D'altra parte, se l'aggettivo maschile finisce con la vocale -e (inglese) il femminile non cambierà (inglese).
Così, Emma non è inglesa, Chloé non è francesa, Aoi non è giapponesa, Maria non è portoghesa e Emily non è canadesa ma Emma è inglese, Chloé è francese, Aoi è giapponese, Maria è portoghese e Emily è canadese, ecc
Avete capito?
Spero di sì!
Ci vediamo in un altro post....


La Befana - Epifania


Avete già sentito parlare della Befana? Quella "buona strega" che porta delle caramelle o dei carboni ai bambini?
Beh, la Befana, (termine che è corruzione di Epifania, cioè manifestazione) è un mitico personaggio con l’aspetto da vecchia che porta doni ai bambini (caramelle ai buoni e carboni ai cattivi) la notte tra il 5 e il 6 gennaio.

La sua origine discende da tradizioni magiche precristiane e, nella cultura popolare, si fonde con elementi folcloristici e cristiani: la Befana porta i doni in ricordo di quelli offerti a Gesù Bambino dai Magi.
L’iconografia è fissa: un gonnellone scuro ed ampio, un grembiule con le tasche, uno scialle, un fazzoletto o un cappellaccio in testa, un paio di ciabatte consunte, il tutto vivacizzato da numerose toppe colorate.
Si rifà al suo aspetto la filastrocca (la Befanata) che viene recitata in suo onore:

La Befana vien di notte
con le scarpe tutte rotte
col cappello alla romana...

VIVA VIVA LA BEFANA!

Nella notte tra il 5 e il 6 gennaio, a cavalcioni di una scopa, sotto il peso di un sacco stracolmo di giocattoli, cioccolatini e caramelle (sul cui fondo non manca mai anche una buona dose di cenere e carbone), passa sopra i tetti e calandosi dai camini riempie le calze lasciate appese dai bambini.
Questi, da parte loro, preparano per la buona vecchia, in un piatto, un mandarino o un’arancia e un bicchiere di vino. Il mattino successivo insieme ai regali troveranno il pasto consumato e l’impronta della mano della Befana sulla cenere sparsa nel piatto.

Tiramisù


Ciao a tutti

Avete mangiato molto nelle feste? Avete voglia di mangiare un po' di più?
Se per caso avete deciso di fare una dieta, dimenticate il mio post perché comincerò con il Tiramisù, il dolce italiano più famoso del mondo!
[hummmmm :)]

E' possibile trovate tante ricette diverse sullo stesso dolce, ma ho deciso di mostrarvi la ricetta di Maurizio (non so il cognome). Beh! Già che sto usando i suoi video per il mio blog senza che lui ne sappia, potete anche entrare sul suo sito e comprare il DVD con le ricette!!! :)

Ma torniamo!
P
rima di vedere la ricetta, sapete cosa significa Tiramisù? Avete già pensato nel suo nome e che "dentro" c'è un verbo, un pronome e una preposizione?
No? Beh, nemmeno io!
:)
Mi ricordo della mia sorpresa, anni fa, quando ho letto in una rivista una spiegazione sulla storia di questo dolce e il titolo era: TIRA-MI-SU!

Sì!
Tira - verbo TIRARE, MI pronome diretto prima persona e SU - la preposizione

Secondo il dizionario Garzanti, tirare su può significare: "prendere da un luogo posto in basso: tira su quei libri dal pavimento!" ma per il nostro dolce, può significare "risollevare l’umore, la salute di qualcuno: le vacanze l’hanno proprio tirato su"

Così, possiamo dire che questo dolce, il Tira me su è così buono che può addirittura "sollevarci fisicamente e moralmente"!
Bello no?
:)

Bene... leggiamo adesso come si fa il dolce, esattamente come prepara Maurizio e vediamo se davvero questo dolce ci farà più allegri e felici:

Ingredienti:

500 gr di mascarpone
100 gr di ricotta
5 tuorli (la parte "gialla" dell'uovo)
100 gr di zucchero
200 gr di cioccolato (circa)
250 gr Savoiardi (circa)
cacao in polvere (va bene il nesquik se vuoi)
caffè freddo zuccherato

Preparazione:

Sbatti i tuorli e lo zucchero fino ad ottenere una crema biancastra.
Aggiungi il mascarpone e la ricotta e mescola finché si amalgano completamente.
Su una teglia alterna uno strato di savoiardi (inzuppati brevemente nel caffé), uno strato di crema al mascarpone e uno strato di cioccolato spezzettato
Finisci con uno strato generoso di cioccolato spezzettato e poi uniforma con il cacao in polvere
Conserva in frigo fino a prima di servirlo



:)

Bene. Questa è la semplice ricetta che lui ci mostra! Ma adesso apriamo "alcune parentesi":

1) Io, per esempio, non amo il caffè! Perciò, invece del solito caffè, uso il "Baileys" oppure l'Amarula! E se non volete mettere qualcosa di analcolico, inzuppate i savoiardi nel "latte al cacao"!

2) Non so davvero se è facile trovare qui in Brasile i savoiardi. Potete sostituirli con i Biscotti "Champagne". Però, questo biscotto non mi piace anche (trauma d'infanzia - rs) e, non adesso ma in un prossimo post, vi insegnerò a fare a casa i savoiardi. Non è difficile, anzi, è facilissimo!

Beh, finiamo qui il primo post dell'anno e "Buon Appetito"!
:)